È possibile derogare al “decreto dignità” con un accordo di prossimità ex art. 8, D.Lgs. 138/2011?

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La risposta è affermativa. Le parti sociali hanno uno strumento, spesso sottovalutato, per poter realizzare delle intese con efficacia nei confronti di tutti i lavoratori interessati regolando specifiche materie in deroga alla legge ed al contratto collettivo applicato.

Le materie interessate sono le mansioni del lavoratore, i contratti a termine, l’orario di lavoro e le modalità di assunzione e la disciplina del rapporto di lavoro. Secondo recente giurisprudenza non rientra però nella possibilità di deroga la retribuzione del lavoratore.

Questo strumento a sostegno della contrattazione collettiva “di prossimità” ben può essere utilizzata anche per superare le modifiche apportate dal “decreto dignità” alla disciplina del contratto a tempo determinato.

È cronaca anche recente (V. Corriere della Sera 11 novembre 2018) che in alcune grandi aziende il Sindacato si è accordato al fine di superare la limitazione del ricorso al lavoro a tempo determinato contenute nella recente L. 9 agosto 2018 n. 96 che, come è noto, limita il ricorso al contratto a tempo determinato acausale solo al primo anno.

La norma, criticata dagli imprenditori in quanto di fatto una “controriforma” nel senso che limita il ricorso a tale tipologia contrattuale, può venire derogata e laddove le esigenze di sostenere l’occupazione in determinati settori lo richiedano, è ben possibile che i Sindacati ed i datori di lavoro possano ricorrere all’art. 8 citato.

Per completezza soggiungiamo che gli accordi di prossimità hanno avuto conferma della loro validità da parte della giurisprudenza (V. Trib. Grosseto 12 settembre 2017 e Trib. Torino 23 gennaio 2012).

In particolare poi il Tribunale di Milano, riconoscendo il valore dei contratti di prossimità ne ha escluso l’utilizzo per quanto concerne la riduzione della retribuzione non essendo prevista tra le materie tassativamente indicate dall’art. 8 come suscettibili di essere oggetto del predetto accordo (Trib. Milano, 18 febbraio 2016 n. 528).

In definitiva l’utilizzo del contratto di “prossimità” appare uno strumento decisamente innovativo e molto utile purché ovviamente le parti sociali dimostrino maturità ed un approccio ai problemi organizzativi delle aziende che non si limiti ad una mera contrapposizione sterile e senza  costrutto.

A cura di Alberto Sbarra